Pino Farinotti

… Mai conosciuto un artista più fuori dalle convenzioni. Parlo naturalmente delle convenzioni degli artisti che solitamente seguono un’attitudine determinata non misurabile e personale e su quella evolvono, solo su quella.

Impossibile è una definizione riferita a Dovilio Brero: tornerebbe su se stessa e sparirebbe subito. Impossibile intuire una disciplina, immaginare un destino. Salvo un punto fermo, una grande piattaforma. Ecco, la piattaforma: un contenitore dal grande segnale primario: il talento, e poi il segno, e una partenza accademica unica, esclusiva. Partenza accademica, non approdo. Perché l’approdo è ricco e vasto. E comunque “non c’è”.

L’ultimo approdo di Dovilio, quello che (solo per ora) c’è, è il riflusso doloroso del ripensamento. Nessuno può scrivere il pensiero dunque i lavori di Dovilio. Lui dice credevo in qualcosa e non ci credo più. Quello che credeva e crede è sulla tela, o sul forex e si fa leggere se lo si vuoi leggere. Ma il profondo non è mai raggiungibile.

Tutto è legato o pronto ad essere legato appena si sarà liberato. E’ pronto ad essere nascosto appena sarà uscito in superficie. Nelle scatole Dovilio racchiude una serie di opere. Attenzione sono proprio chiuse e sigillate da un notaio. Sarebbe fastidioso per Dovilio pensare che vengano mai aperte e guardate. Hanno la forza, la precisione, il talento delle altre. Forse hanno più forza. Per questo devono rimanere chiuse. Grandi opere dal grande dolore, dal grande colore che non debbano mai essere viste. Chiuse da un notaio.

Così Dovilio non solo sfugge alla definizione e allo stile. Sfugge alla materia e all’opera. L’artista ideale diceva della fatica ideale «perché confezionare un’opera quando basta sognarla?». Ha risposto Dovilio: «per soffrire confezionandola e per mostrarla. A nessuno.»

PINO FARINOTTI

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